Esplorare l’AI: Dalla Teoria alla Vita Reale. Un incontro con il liceo “Keplero”

Articolo della Prof.ssa Sabrina Maggi

Il giorno 27 febbraio, presso la Biblioteca Vallicelliana di Roma, si è svolta una lezione dal titolo “Dai Neuroni alle Macchine che Apprendono: Un viaggio nell’Intelligenza Artificiale“, tenuta dal Prof. Filippo Petroni. All’incontro hanno partecipato le classi III D e V D del Liceo Scientifico Statale “Giovanni Keplero” di Roma. Il Prof. Petroni si è avvalso della preziosa collaborazione della studentessa universitaria Emilia Fares, che ha condiviso la sua esperienza da non vedente e i benefici che l’intelligenza artificiale ha apportato alla sua vita.

L’evento è stato introdotto dalle parole della Dott.ssa Valentina Quero della Biblioteca Vallicelliana e dai ringraziamenti della Prof.ssa Sabrina Maggi che, in qualità di docente di Materie Letterarie presso il Liceo Scientifico “Giovanni Keplero”, ha sottolineato l’importanza di una proficua integrazione tra saperi scientifici e saperi umanistici: l’Intelligenza Artificiale è una risorsa potentissima che deve essere governata da una visione etica e umanistica; solo attraverso il dialogo tra scienza e cultura umanistica possiamo garantire un uso responsabile delle nuove tecnologie.

La lezione ha seguito un percorso strutturato che ha guidato gli studenti dalla teoria alla pratica. Il Prof. Petroni ha introdotto il tema partendo dalle basi matematiche e dal funzionamento dei modelli neurali, per poi arrivare agli aspetti concreti dell’intelligenza artificiale nella nostra contemporaneità. L’attenzione è stata posta non solo sulle straordinarie potenzialità di queste tecnologie, ma anche sui loro limiti. In particolare, il docente ha spiegato il fenomeno delle “allucinazioni dell’A.I.”, ovvero gli errori e le risposte fuorvianti che i sistemi di intelligenza artificiale possono generare, dimostrando così la loro fallibilità.

Proprio come anticipato dal titolo “Dai Neuroni alle Macchine che Apprendono: Un viaggio nell’Intelligenza Artificiale” si è posta una particolare attenzione al fatto che il funzionamento del cervello umano, in particolare dei neuroni, ha ispirato la creazione delle reti neurali artificiali alla base dell’A.I.

Per far comprendere meglio agli studenti il funzionamento dei neuroni, il Prof. Petroni ha fatto riferimento alla sua esperienza di dottorato presso il Neural System GroupInstitute for Neuroscience, Università di Newcastle. Attraverso esempi concreti tratti dalle sue ricerche, il professore ha illustrato il modo in cui, grazie alla loro complessa interconnessione, miliardi di neuroni del cervello trasmettano segnali elettrici e chimici. Ogni neurone riceve input, li elabora e trasmette segnali ad altri neuroni, creando reti complesse. Si è poi passati alla definizione delle Reti Neurali Artificiali (RNA): imitando il cervello umano, gli scienziati hanno sviluppato modelli matematici chiamati reti neurali artificiali, composte da neuroni artificiali (o nodi) organizzati in strati. Infine, gli studenti hanno potuto comprendere come avvenga nelle macchine l’apprendimento attraverso il peso delle connessioni e che cosa si intenda per Backpropagation e Apprendimento automatico. Il Professore ha poi concluso sottolineando il fatto che, grazie a questi principi ispirati alla biologia, l’A.I. è in grado di riconoscere immagini, elaborare il linguaggio naturale e prendere decisioni, avvicinandosi sempre di più alla complessità del pensiero umano.

La lezione si è conclusa con l’intervento, estremamente interessante per la prospettiva nuova da cui è stato affrontato il discorso dell’A.I., della studentessa Emilia Fares, che ha raccontato come gli strumenti basati sull’intelligenza artificiale abbiano migliorato la sua quotidianità. Il suo contributo ha reso ancora più evidente l’importanza di un uso consapevole di queste tecnologie, che possono garantire a tutti una maggiore accessibilità e inclusione.

Gli studenti del Liceo Keplero si sono mostrati molto coinvolti e hanno partecipato attivamente, ponendo domande e riflettendo sulle implicazioni future dell’intelligenza artificiale. La lezione ha infatti rappresentato un’importante occasione  di apprendimento, sottolineando quanto sia fondamentale costruire un ponte tra scuola e realtà territoriale, affinché il sapere scientifico possa essere connesso alle esperienze concrete della vita.

Per concludere, desideriamo esprimere un sincero ringraziamento al Prof. Filippo Petroni per la sua coinvolgente lezione, che ha permesso agli studenti di approfondire il funzionamento dell’Intelligenza Artificiale e il suo impatto sulla società contemporanea. Un grazie speciale va anche a Emilia Fares, la cui preziosa testimonianza ha reso ancora più tangibile l’importanza di queste tecnologie nell’inclusione e nell’accessibilità.

Un sentito ringraziamento alla Dott.ssa Livia Marcelli, Direttrice della Biblioteca Vallicelliana, per aver ospitato questo evento e per il suo impegno nella divulgazione culturale e scientifica. Rivolgiamo inoltre la nostra gratitudine a Valentina Quero, Chiara Gironi e Daniela Carosi della Biblioteca, il cui supporto organizzativo è stato fondamentale per la realizzazione dell’incontro.

Grazie anche agli studenti del Keplero che hanno partecipato e contribuito a rendere questa esperienza un’importante occasione di crescita e confronto.

Costruire Contesti Organizzativi Inclusivi per le Persone con Disabilità. Le Potenzialità del Performance Management

contesto lavorativo inclusivo, sono presenti tra le altre persone con disabilità motoria e visiva

Domenico Raucci e Manuela Paolini


Le Persone con Disabilità (People with Disability, PwD) si trovano spesso ad affrontare una serie di sfide cognitive, comportamentali e culturali sui luoghi di lavoro, per evitare trattamenti iniqui e forme di esclusione più o meno evidenti. Il superamento di simili “barriere” è oggetto di crescente attenzione da parte di diverse organizzazioni internazionali (come l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Organizzazione delle Nazioni Unite sia con la Convenzione sui diritti delle PwD che con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030), ma anche di percorsi di normazione a livello europeo (si vedano, tra le altre, la Direttiva Europea sulla parità di trattamento in materia di occupazione, la Strategia europea sulla disabilità 2021-2030) e nella stessa legislazione italiana.

In quest’ultima, a partire dalla L. 68/1999, si è assistito ad una progressiva promozione di pratiche di disability management nei contesti organizzativi, prevedendo una regolamentazione sempre più stringente in particolare per le aziende pubbliche, in considerazione della loro peculiare natura. Lo scopo è disporre l’allestimento di “ragionevoli accomodamenti” nei contesti organizzativi per consentire alle PwD di svolgere il proprio lavoro al pari di tutti gli altri dipendenti, favorendo così una più ampia affermazione dei principi di giustizia sociale, equità ed inclusione lavorativa.

Tuttavia, la formale implementazione di tali accomodamenti, per quanto possano ritenersi “ragionevoli”, può non essere sufficiente a perseguire simili finalità.

È fondamentale, infatti, che le aziende, in primis quelle pubbliche, si impegnino a costruire e a promuovere processi di condivisione del valore sociale dell’inclusione con tutti i propri dipendenti in modo da dare concreta espressione operativa ai principi di Social Responsibility dell’organizzazione.

Simili processi possono essere indotti e governati dal management aziendale secondo vari approcci e meccanismi operativi, tra i quali particolare rilievo possono assumere i Sistemi di Performance Management (SPM). Questi sono sistemi direzionali impiegati per informare e supportare il decision-making dei managers, ai vari livelli dell’organizzazione aziendale, al fine di perseguire gli obiettivi organizzativi inducendo congruenti comportamenti nei dipendenti di cui sono responsabili. 

Secondo alcuni studi aziendali di management control, il SPM può essere concepito come un’articolazione di controlli formali (come i controlli sui risultati e i controlli sulle azioni), funzionanti secondo meccanismi proceduralizzati, e controlli informali (come i controlli culturali e i controlli del personale), basati su meccanismi di controllo sociale. In particolare, i controlli culturali agiscono sui processi di costruzione, comunicazione e diffusione di norme, credenze e valori fondamentali per l’organizzazione attraverso processi interpersonali e di scambio sociale, mentre i controlli del personale agiscono sulle prospettive gestionali dei dipendenti, dalla selezione, alla formazione, allo sviluppo della carriera, per “plasmare” orientamenti cognitivo-comportamentali il più possibile coerenti con le finalità aziendali.

Rispetto a queste ultime due tipologie di controlli, recenti studi sui SPM suggeriscono di valorizzare le modalità con cui i manager li impiegano per promuovere l’affermazione dei principi di Social Responsibility nel contesto aziendale. I manager, infatti, quali agenti dell’organizzazione, potrebbero orientare i controlli culturali e del personale per trasmettere ai propri subordinati il valore che l’inclusione e il clima inclusivo verso le PwD riveste per l’azienda. Si tratta di legami dei SPM con tali outcomes di Social Responsibility a livello individuale che stanno emergendo in letteratura. Se adeguatamente approfonditi, possono favorire processi di interiorizzazione del valore dell’inclusione in tutti i dipendenti e percorsi di più efficace funzionamento delle pratiche di disability management.

Su tali basi e con queste finalità di contribuzione agli studi, abbiamo condotto una ricerca su un campione di impiegati, senza ruoli manageriali, di Comuni italiani aventi più di 50.000 abitanti e almeno 200 dipendenti. La scelta deriva dalle previsioni del D.L. 75/2017 e della L. 227/2021 che, per i Comuni aventi queste caratteristiche, dispongono l’identificazione di un disability manager quale figura responsabile dell’allestimento delle pratiche di disability management e dell’efficace funzionamento dei “ragionevoli accomodamenti” a beneficio delle PwD. Ai dipendenti di questi Comuni abbiamo somministrato un questionario volto a misurare i costrutti oggetto dell’indagine, procedendo poi a sottoporre ad analisi statistiche i dati forniti in modo anonimo dai rispondenti.

I risultati emersi hanno evidenziato la rilevante influenza dei controlli informali nel favorire un clima inclusivo per le PwD, indirizzando coerentemente con tale principio le motivazioni e i comportamenti sul lavoro dei dipendenti pubblici indagati. In questi ultimi, infatti, si sono registrate percezioni di impiego dei controlli culturali e del personale, da parte dei propri superiori, utili ad intensificare il loro attaccamento emotivo all’organizzazione e ai valori veicolati rispetto agli scopi di inclusione. La formazione di questo tipo di “identità sociale”, alimentando nei dipendenti la consapevolezza di essere parte attiva nel perseguimento degli obiettivi di Social Responsibility dell’organizzazione, ha influenzato il loro senso di responsabilità individuale nel farsi promotori, a loro volta, di un clima inclusivo per le PwD sul luogo di lavoro.

Tali risultati mettono in evidenza il potenziale dei SPM andando oltre le classiche funzioni di supporto alle analisi costi-benefici per valutare la convenienza ad occupare le PwD e il mero rispetto delle normative previste a loro “tutela”. In particolare, dal nostro studio emerge come l’uso efficace dei controlli informali consente di realizzare più sostanziali processi di inclusione delle PwD sul luogo di lavoro, fornendo un rinnovato vigore al perseguimento dei tradizionali valori di accountability, solidarietà, giustizia, equità e inclusione sociale che connotano le aziende pubbliche.

Si tratta di evidenze aventi importanti implicazioni per il management pubblico, ma anche per i policy makers, poiché segnalano la rilevanza di approcci all’impiego dei SPM che: 

(a) veicolino il valore di un clima lavorativo inclusivo per le PwD, quale principio di Social Responsibilitydell’organizzazione, sfruttando il potere operazionalizzante dei controlli informali quali agenti di influenza sulla cultura e sui comportamenti dei dipendenti; 

(b) ricerchino maggiori livelli di integrazione e coordinamento intra-organizzativo tra le aree funzionali del controllo interno e della gestione del personale che, più direttamente, sono coinvolte nell’efficace funzionamento delle pratiche di disability management.

Accanto alla rilevanza di tali risvolti, dobbiamo anche osservare come il nostro studio presenti alcuni limiti, tra cui, la soggettività dell’esperienza dei rispondenti circa l’inclusione delle PwD sul luogo di lavoro e le caratteristiche dei contesti organizzativi di riferimento, che circoscrivono la generalizzabilità dei risultati emersi. Riteniamo che questi aspetti possano rappresentare interessanti prospettive di sviluppo ed approfondimento per future ricerche sul tema.

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